Per visualizzare questo articolo devi accedere con il tuo account.
Per visualizzare questo articolo devi accedere con il tuo account.
L’Associazione nasce nel 2013 a partire da un blog messo on line da Marco Crepaldi, aperto dallo studioso subito dopo essersi laureato in Psicologia presso l’Università Bicocca di Milano nel 2012. Nella sua tesi di laurea Crepaldi aveva focalizzato il suo lavoro sull’Hikikomori e intuito che il fenomeno non era solo giapponese, nonostante sia lì che sono presenti i casi più gravi, con reclusi che hanno oltre 40 anni e non escono di casa da oltre 30 anni. Secondo quanto osservato da Crepaldi, l’Hikikomori in Italia non è ben compreso nella sua natura a causa delle molte imprecisioni che riguardano sia la sua natura che l’informazione in merito. Per colmare queste lacune nasce Hikikomori Italia con un blog che oggi ha totalizzato circa un milione di visualizzazioni mentre la pagina Facebook creata per l’Associazione hikikomori conta 1.300 iscritti e serve da punto di riferimento per i genitori in tutta Italia che vogliano condividere o chiedere informazioni, suddivisi in gruppi di mutuo aiuto coordinati da psicologi. I gruppi più numerosi si trovano in Lazio, Piemonte e Lombardia. Meno numerosi sono invece i gruppi al sud, dato che Crepaldi interpreta anche alla luce della minore digitalizzazione di queste zone, ostacolo all’emersione dei casi di Hikikomori. Nel febbraio 2019 Crepaldi ha dato alle stampe il primo censimento del fenomeno “Hikikomori. I giovani che non escono di casa” basato sulle dichiarazioni di oltre 200 famiglie di hikikomori italiani. Un primo documento per parlare con numeri alla mano di un fenomeno ancora da comprendere fino in fondo.
Nel sondaggio condotto da Crepaldi quasi tutte le regioni italiane sono rappresentate, anche se vi è una netta prevalenza di residenti nel nord Italia, Lombardia (15,3%), Piemonte (14,2%) e Veneto (10%). Il Lazio è la regione più presente in assoluto con il 18,4% del totale, mentre tutto il sud Italia, isole comprese, arriva poco oltre il 14%. L’età media si attesta intorno ai 20 anni, con i primi evidenti problemi di isolamento sociale segnalati a partire dai 15 anni e nel 28,5% si tratta di figli unici.
La durata dell’isolamento è solo nell’14,2% dei casi minore di un anno mentre il 34% si trova in tale condizione da 1 a 3 anni, il 41,7% dai 3 ai 10 anni e, nel 10,1% dei casi, il ritiro si protrae da oltre un decennio. Interessanti infine i dati circa lo stato civile dei genitori. Il 27% sono coppie divorziate (27,4%), oltre un terzo dei figli (39,9%) vive con solo uno dei due genitori ed il 19,4% delle famiglie sono composte da soli due membri.
Fernanda Snaiderbaur